Archivio 2016

Sarah Varetto regina italiana delle all news. Il direttore di SKYTG24 a tutto campo tra giornalismo, economia, politica e made in Italy con una chiara visione sul ruolo delle fiere nel rilancio dell’Italia


di Alessandro Caprio

Futuro del made in Italy, sistema fieristico, povertà e diseguaglianze economiche. E ovviamente passione per il giornalismo. Ne abbiamo parlato con Sarah Varetto, direttore di SKYTG24, prima rete all news del Paese.

Qual è il ruolo delle fiere nello sviluppo e nel rilancio economico italiano?
Le fiere hanno un impatto chiaramente positivo sull’economia, non solo del territorio in cui si svolgono gli eventi, ma più in generale del Paese. Il caso per eccellenza è il dibattito sul bilancio dell’Expo, in particolare su cosa resta dopo l’esposizione per l’economia italiana. Al di là del fatturato e dell’indotto diretto e indiretto, quello su cui può essere interessante soffermarsi è l’eredità dell’Expo, in termini di attrattiva verso l’Italia, di reputazione, ma anche di creazione di nuove relazioni industriali e di consolidamento di relazioni internazionali”.

Che rapporto ha con gli eventi fieristici?
Ogni occasione in cui ho potuto partecipare a una fiera è stata un’esperienza personale estremamente positiva, una scoperta di tante realtà imprenditoriali, talvolta poco conosciute e spesso legate al territorio”.

I dati recenti dell’Oxfam sulle disparità economiche mondiali sono impietosi: l’1% degli italiani possiede il 23,4% della ricchezza e in 62 super-ricchi possiedono mezzo mondo: forse ha ragione Papa Francesco a dire che “questa economia uccide”? Come fondare un’economia più umana?
La società contemporanea sa benissimo come creare grandi fortune ma ha le idee molto meno chiare su come combattere la povertà. Prendiamo le multinazionali che fatturano più di interi Stati e che pagano meno tasse di un laboratorio artigiano: si stanno faticosamente trovando delle contromisure, ma è chiaro che senza un accordo globale sul fisco la questione non potrà essere risolta. Altro esempio: la turbo finanza, è stata una delle cause della crisi globale e di molti squilibri distributivi. Ad oggi non possiamo dire che si siano trovati correttivi efficaci. La massa di derivati in giro per il mondo, per dirne una, è maggiore di prima. Ultimo esempio: spesso (e giustamente) si parla dei paradisi fiscali. Forse dovremmo introdurre anche il concetto di inferno fiscale. L’Italia purtroppo rientrerebbe nella categoria. Un paese con tasse altissime ed evasione enorme: una situazione da incubo se si vuole immaginare una redistribuzione più efficace della ricchezza. Come si fa a ridurre la forbice tra ricchi e poveri se non si sa bene chi è ricco e chi è povero?”.

I mercati decidono da tempo la maggior parte delle politiche dei nostri Paesi. È ancora possibile tornare a un ruolo centrale della politica?
Se un paese è più soggetto di altri alla pressione dei mercati, il motivo va anche cercato nelle scelte politiche (specie quelle del passato). Se l’Italia ha il 130% di rapporto debito/PIL è ovviamente più fragile di altri quando i mercati vanno in fibrillazione. E quel debito non l’hanno fatto i mercati, ma la politica economica dei Governi di questo Paese negli ultimi 35 anni. È ovvio che certe dinamiche non si possono cancellare da un giorno all’altro, ma questo esempio ci fa vedere quale enorme responsabilità ricada sulla politica in questa epoca di mercati globalizzati: non rendere il futuro del paese un campo minato. Paradossalmente servono statisti più lungimiranti e lucidi rispetto al passato. La cosiddetta fine della politica è una leggenda metropolitana”.

Quali sono, secondo Lei, gli esempi più positivi del made in Italy a cui dovremmo ispirarci?
La parte migliore del made in Italy è quella che vedo in tanti imprenditori, in tanti lavoratori e anche nelle strutture più efficienti dell’amministrazione pubblica: l’orgoglio di chi crede in quello che fa senza abbandonarsi al fatalismo del declino ineluttabile. Nessuno nega che esistano problemi di competitività, ma il Paese resta pieno di intelligenza, di creatività e di visione. Fa male, in questo senso, vedere l’Italia scivolare dietro al Messico e all’Iran per numero di brevetti presentati. E allora come categoria simbolo da indicare ad esempio sceglierei proprio gli italiani che brevettano, siano essi imprese, università o singoli inventori. Augurandomi che in futuro siano molti più di oggi”.

Cosa l’affascina di più del suo lavoro e cosa invece cambierebbe?
Mi affascina la possibilità di far arrivare al pubblico non solo le notizie, ma soprattutto analisi e inchieste su fenomeni economici, sociali e politici della società che sta cambiando. Oggi le notizie sono disponibili ovunque e in qualsiasi momento, la sfida più affascinante è quella di anticipare il cambiamento, declinare l’approccio giornalistico tradizionale sui nuovi media. Con SkyTG24 abbiamo lanciato molte campagne che hanno raccolto interesse del pubblico e delle istituzioni, pensiamo alla denuncia del dissesto colposo del territorio, degli sprechi pubblici, documentati e circostanziati, e ancora la nostra inchiesta sulla corruzione “Le mani sul Paese”, il male oscuro che frena l’Italia. Cosa cambierei del mio lavoro? Nulla, mi ritengo molto fortunata a fare il mestiere che ho sempre desiderato fare”.

Chi è Sarah Varetto
Sarah Varetto è torinese. Una laurea in giurisprudenza e due grandi passioni, l’economia e il giornalismo, entrambe in luce fin dal primo incarico in una emittente locale piemontese. L’approdo sui canali nazionali arriva a fine anni ’90 con Maastricht, Italia (Rai Tre) di Alan Friedman, con il quale lavora anche per Pianeta Economia, Miaeconomia (La7), I nostri soldi (Rai Due). Entra a far parte della redazione di SKY nel 2003, nel 2007 viene nominata caporedattore, responsabile della redazione economica e conduttrice di SKYTG24 Economia e, dal 2009, dell’edizione del Tg delle 17. Dal 2011 è direttore di SKYTG24 e dal 2013 anche vice president news di SKY. Sposata con il giornalista Salvo Sottile, ha due figli.