Archivio 2016

Il maestro Franco Fontana posa il suo obiettivo sulla contemporaneità regalandoci nitide visioni. La fotografia come rivelazione tra pensiero e cuore, dai celebri paesaggi alla grande architettura, anche fieristica Di Diego Di Napoli

 

Franco Fontana è uno dei maggiori fotografi italiani. La sua statura internazionale consiglia di affermare che il maestro sta alla fotografia come il paesaggio sta all’infinito: è una parte del tutto e spesso la migliore. Tra le sue tante attività, c’è quella di tenere workshop di fotografia, il più recente nel giugno scorso a Riccione, organizzato da Spazio Fotografico Coriano, dal titolo “Creatività”. Ed è qui che abbiamo fotografato il suo pensiero.

Fontana, sul suo sito si legge la sua massima: “Lo scopo dell'arte è quello di rendere visibile l'invisibile”…

“Già, e la mia arte è la fotografia”.

Il colore, tratto distintivo della sua opera, sembra quasi un grido, un urlo lanciato contro il grigiore della vita odierna, troppo spesso abitata dalla mediocrità.

“Per me il colore è vita, vivo a colori, anche se la vita dal vero e più difficile da interpretare a colori. Molto più del bianco e nero che è immaginario. Il colore bisogna reinventarlo, facendo vedere le cose che si conoscono, in un modo diverso da quello che vedono tutti”.

Lei ha fotografato molti paesaggi, ma anche le grandi opere dell’architettura. Un bell’edificio, funzionale e realizzato con gusto - come possono essere certamente considerati il quartiere fieristico o il Palacongressi di Rimini - ha la stessa potenza visiva di un bel prato o uno spicchio di cielo o di mare?

“Certo, la potenza visiva, quando c’è attività, è emozione, invenzione, intelligenza. Non sono cose occasionali. Mentre la natura è predestinata, le opere dell’ingegno sono frutto della storia dell’uomo. Una storia che spesso parla di fantasia, di successo, di economia e lavoro”.

E la fotografia può essere d’aiuto all’uomo per creare strutture migliori, più vivibili, che si inseriscano meglio nel paesaggio? Come dire, la fotografia può essere green?

“Io posso parlare solo per me stesso. Fotografia per me è invenzione come tutte le arti. Ho mostrato i paesaggi e gli edifici come non li aveva fatti mai vedere nessuno. Non li ho trasformati, li ho solo interpretati, cancellando il superfluo per significare il loro contenuto, la loro anima”.

Le è piaciuto più fotografare liberamente per i suoi libri, o per il mondo della pubblicità, della moda?

“Tutto quello che ho fatto è stato fatto per amore, soprattutto la parte creativa. La parte professionale mi dà da mangiare. Non vedrete mai una mia mostra con le foto fatte per una pubblicità. Ma sono quelle che mi hanno consentito di fare le altre, quelle artistiche”.

La fotografia digitale ha cambiato tutto. Oggi siamo tutti fotografi. Sui social impazzano i selfie, i gattini e così via. Questo ha allargato o ristretto la forbice tra i dilettanti e i professionisti?

“La forbice tra dilettanti e professionisti c’è sempre stata e continua a esserci. La fotografia è tecnicamente forse la più facile delle arti ma anche la più difficile per esprimere qualcosa. Se io do una macchina fotografica a una scimmia, quella spingerà il bottone, ma non farà una vera foto. La foto la fa il pensiero e il cuore, non la macchina. Fotografate quello che pensate, che siete. Ciò che riusciamo a vedere, è quello che siamo”.

Lei insegna la fotografia, è un’attività che le dà soddisfazione?

“In realtà io non insegno. I miei corsi sono solo un pretesto, un modo come un altro per identificare la propria sensibilità, quello che sei. Se non lo capisci, infatti, vai al manicomio. La fotografia come mezzo per conoscere se stessi”.

Lei ha girato il mondo: qual è la foto definitiva del nostro pianeta, se c’è?

“Direi un orizzonte, per guardare sempre avanti. Cammini, cammini e non ci arrivi mai e ti nasconde sempre qualcosa. Ma devi continuare a camminare, superando buche e ostacoli lungo la via. La meta è un obbiettivo a cui tendere, anche se non arriverà mai”.

Se fosse nato in un’epoca pre-fotografica, cosa avrebbe voluto essere? Un pittore?

“Non lo so, forse un filosofo, poiché è colui che cerca la strada giusta per trovare risposte. Che, in definitiva, è quello che faccio io”.

CHI È FRANCO FONTANA

Fontana nasce a Modena nel 1933. Comincia a fotografare nel 1961. Ha pubblicato oltre 70 libri con diverse edizioni italiane, giapponesi, francesi, tedesche, svizzere, americane e spagnole. Le sue opere sono conservate in oltre 50 musei in tutto il mondo. Ha firmato tantissime campagne pubblicitarie, ha collaborato e collabora con Time-Life, New York Times, Vogue Usa, Vogue France, Il Venerdì di Repubblica, Sette del Corriere della Sera, Panorama, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Class e molti altri. Ha tenuto workshop e conferenze al Guggenheim Museum di New York, all’Institute of Technology di Tokyo, all’Académie Royale des Beaux Arts di Bruxelles, all’Università di Toronto e poi a Roma, Parigi, Arles, Rockport, Barcellona, Taipei e in molte altre città. Tiene annualmente corsi al Politecnico di Torino e all’Università Luiss di Roma. È responsabile della direzione artistica del Toscana Fotofestival. Ha collaborato con il Centre Georges Pompidou, il Ministero della Cultura Giapponese, e il Ministero della Cultura Francese. 

www.francofontanaphotographer.com