Archivio 2016

Con l'economista Giuseppe Schirone in viaggio tra gli scenari mondiali. Il sistema fieristico? Una "piattaforma naturale" per l'internazionalizzazione delle aziende

 

Intervista di Stefano d’Andrea

Giuseppe Schirone, economista e manager Prometeia, è uno studioso degli scenari macroeconomici. Con lui abbiamo affrontato le prospettive a breve-medio termine dell’economia italiana e internazionale.

Quali sono le previsioni sull’evoluzione dello scenario economico mondiale a breve-medio termine? 

Nei prossimi anni, pur in un quadro che resta positivo, il Pil e il commercio mondiale registreranno nel complesso una crescita moderata, condizionata dal rallentamento, sia pure graduale, della Cina e dalle difficoltà dei produttori di commodity, con il rischio che tale decelerazione possa scatenare - così come avvenuto in passato - tensioni sui mercati finanziari e valutari. A tali rischi puramente economici si sommano i noti elementi di incertezza geopolitica: dalle tensioni in Medio Oriente ed Est Europa, alla fragilità emersa nel processo di integrazione europea (Brexit e crisi dei migranti).

A livello di Paesi, nell’ultimo scenario macroeconomico di Prometeia, dopo una debole performance nella prima metà del 2016, l’economia degli Stati Uniti è attesa registrare una lieve accelerazione che riporterà il Pil su tassi di crescita intorno al 2% nel 2017-’18, più in linea con il potenziale, ma inferiori, anche per fattori strutturali (ad esempio la bassa crescita della produttività), ai ritmi espansivi delle precedenti fasi di ripresa ciclica.

Nell’Eurozona, il deterioramento dei principali indicatori congiunturali - su cui influiscono la debolezza del contesto esterno e il clima di incertezza acuito dalla Brexit - anticipa un’ulteriore perdita di slancio della ripresa, già non particolarmente dinamica nella prima parte dell’anno.

Dopo un 2016 stimato chiudersi all’1.5%, il Pil dell’area è atteso procedere con un passo più moderato nel biennio successivo (poco al di sopra dell’1%); a mitigare l’intensità del rallentamento contribuirà verosimilmente l’orientamento moderatamente espansivo delle politiche di bilancio e il deprezzamento dell’euro atteso nel 2017, oltre al prolungarsi dell’allentamento monetario della Bce.

Nelle economie emergenti, dopo le brusche frenate dell’ultimo biennio, trovano evidenza segnali di stabilizzazione, sia pure in un quadro di notevole eterogeneità tra paesi e aree. Nel dettaglio, è confermato uno scenario di rallentamento «ordinato» della crescita in Cina, a tassi prossimi al 6% nel 2017-’18, nonostante i rischi legati all’eccesso di debito accumulato dal settore privato (in particolare dalle imprese); più robusta - intorno al 7% medio annuo - l’espansione prevista per l’economia indiana, sulla spinta degli investimenti che potranno beneficiare della progressiva implementazione delle riforme (fiscali, in primis) varate dal governo. Sia in Brasile che in Russia i primi timidi segnali di miglioramento della congiuntura anticipano un graduale allentamento della recessione nel corso del 2016, per consentire il recupero di un profilo moderatamente espansivo nel biennio successivo.

Per quali comparti si attendono le performances migliori e per quali quelle più negative?

Come evidenziato nell’edizione di medio termine del rapporto Prometeia-ISP “Analisi dei settori Industriali” dello scorso maggio, la risposta alle sfide poste da uno scenario macroeconomico complessivamente dinamico ma molto incerto non potrà passare che attraverso un ulteriore rafforzamento della partecipazione delle nostre imprese alle catene globali del valore, fattore che si rivela importante anche nel consolidare i profili competitivi delle imprese.

Per quanto riguarda le fonti estere di domanda, in un contesto di crescente integrazione e di graduale accelerazione della domanda mondiale, le esportazioni dovrebbero crescere annualmente del 3% circa nel quinquennio 2016-‘20, sostenute anche da un commercio mondiale che vedrà ridursi il differenziale di crescita fra paesi avanzati e nuovi mercati da un lato, e del passaggio da materie prime a manufatti come principale driver di crescita, dall’altro. Questi fattori possono favorire l’offerta italiana, in particolare per i beni di consumo, con l’Alimentare destinato a diventare finalmente un ulteriore pilastro del Made in Italy nel mondo. In questo settore, infatti, i tassi annui di crescita attesi per l’export sono dell’ordine del 3.5%, un ritmo di sviluppo che consentirebbe al comparto di colmare il differenziale di internazionalizzazione attualmente presente rispetto agli altri settori “core” dell’industria italiana.

In un quadro caratterizzato da incertezza e da un eccesso di capacità produttiva a livello internazionale, per la Meccanica le prospettive di domanda appaiono invece meno brillanti di quanto registrato negli ultimi anni. Ci attendiamo infatti una debole crescita delle esportazioni, penalizzate anche dalla minore dinamica dei paesi emergenti. La crescita sarà invece più intensa della media per Farmaceutica, Automotive, Largo consumo, Elettrotecnica ed Elettronica, con aziende pienamente integrate nei sistemi di produzione mondiale.

La dinamica delle importazioni, oltre alla crescente partecipazione del nostro paese alle filiere produttive globali, avrà sostegno anche da una ritrovata (debole) crescita della domanda interna sia per investimenti che per consumi, che manterranno un’evoluzione media positiva all’orizzonte 2020.

In questo contesto il manifatturiero italiano è atteso consolidare i risultati raggiunti nel 2015-‘16, mettendo a segno nel quadriennio 2017-’20 un aumento annuo del fatturato di poco inferiore al 2%. La crescita beneficerà soprattutto del contributo della componente domestica ma, a partire dal 2017, anche il canale estero ritornerà positivo, con il saldo atteso riprendere quota dopo la contrazione stimata nel 2015-‘16 e tornare al livello record di 95 miliardi di euro al termine del periodo previsivo.

In questo contesto il sistema fieristico come può aiutare la competitività delle imprese?  Pensa si rendano necessari adeguamenti dell’offerta? 

La sfida del cambiamento in cui sono impegnate le imprese italiano dallo scoppio della crisi deve trovare un supporto convinto da parte di tutti gli attori che, a vario titolo, possono giocare un ruolo rilevante nel supportare i percorsi di crescita delle nostre aziende, soprattutto per quanto riguarda l’aumento del grado di internazionalizzazione sopra menzionato. Qui il sistema fieristico può ovviamente fornire un supporto fondamentale, configurandosi ad esempio sempre più come piattaforma “naturale” per l’internazionalizzazione delle nostre piccole e medie imprese. In Emilia-Romagna, su questo fronte, si evidenziano progressi interessanti sul fronte degli investimenti fieristici in entrata, come evidenziato dal fatto che nel 2015, a livello regionale, quasi un espositore su tre è stato di nazionalità estera, mentre solo un anno prima la quota era dell’ordine del 25%. Qualche ritardo in più si evidenzia invece per la capacità di attrarre visitatori esteri dei nostri poli fieristici: qui sono ancora troppo pochi i casi di manifestazioni “effettivamente” internazionali, con una quota media regionale (sotto al 13% per le 39 manifestazioni certificate nel 2015) di visitatori/buyer esteri sul totale che è ancora decisamente sub-ottimale: percentuali del genere, infatti, anche se non sono molto disallineate rispetto ad alcuni benchmark nazionali (ad esempio, a Milano il dato aggregato delle 63 manifestazioni non supera l’11,5%), evidenziano gap molto significativi rispetto ai principali hub fieristici europei: a Francoforte, ad esempio, il 47% dei visitatori delle fiere non sono tedeschi. Come insegna l’esperienza delle imprese manifatturiere, la sfida dell’internazionalizzazione può essere vinta solo partendo da condizioni di efficienza, di differenziazione e (quasi sempre anche) di scala – non eccessivamente disallineate rispetto ai competitor e, in questo contesto, risulta probabilmente necessario mettere in campo ogni azione utile a ridurre l’attuale gap.

Giuseppe Schirone, 48 anni, sassolese, si è laureato con lode in Scienze politiche ad indirizzo economico all’Università di Bologna e ha approfondito i propri studi di industrial organization presso la London School of Economics. E’ stato senior economist a Prometeia e successivamente direttore del centro studi di Sistema Moda Italia (Associazione delle imprese della filiera tessile-moda italiana). Nel ruolo di economista e manager di Prometeia, sviluppa e coordina attualmente progetti di ricerca ed interventi consulenziali per associazioni industriali ed imprese.